© salvatore benvenga - www.bensaver.it
Apparve nell'agone scacchistico internazionale con l'aria di chi porta su di sé i mali del mondo e s'adopera per
redimerlo. A moltissimi suoi colleghi era decisamente antipatico per il suo anticonformismo (si potrebbe anche dire
anarchia) e l'altissima autostima di cui non faceva mistero. Gli aneddoti su di lui si sprecano.
"Studia scacchi e gioca giurisprudenza" disse un giorno Von Bardeleben ironizzando sulla sua assidua frequenza
nella sala scacchi del Café Kaiserhof di Berlino, città in cui s'era trasferito per studiare legge al locale ateneo.
Aborriva l'alcol e detestava fino all'odio i fumatori. Mieses racconta che in un torneo chiede al direttore di intimare
al suo avversario Vidmar di non fumare. Alla risposta del direttore "Ma non sta affatto fumando." Aaron rispose con una
delle sue frasi più celebri: "Lo so, ma minaccia di farlo e la minaccia è più forte della sua esecuzione."
La sua importanza nel mondo di Caissa è sotto il profilo dottrinale enorme. La sua " demoniaca forza
combinativa", il suo originalissimo stile di gioco, i suoi risultati agonistici ( Marienbad 1925, Dresda 1926, Londra 1927,
Berlino 1928 ) con l'apogeo raggiunto a Karlsbad nel 1929 davanti a Capablanca e Spielmann) passano perfino in
secondo piano rispetto al contributo teorico da lui dato agli scacchi. La sua opera "Mein system" (Il mio sistema) è da
ritenersi ancora oggi, per linearità espressiva, profondità e ricchezza introspettiva, visione anticipatrice di concetti nuovi
in rottura con gli schemi dottrinali imperanti al suo tempo, una autentica pietra miliare della letteratura scacchistica.
Reti, per primo, lo definì capostipite degli ipermoderni (appellativo coniato da Tartakower), ovvero di quella
pattuglia di maestri che cercavano nuove strade per convalidare i precetti strategici di Steinitz. Per fare un esempio,
molto grossolano ma semplice, mentre Tarrasch postulava “l’occupazione” del centro con i pedoni, Nimzowitsch
sostenne che era possibile “controllare” il centro con i pezzi. Si contrastavano due visioni: quella di Tarrasch fondata
sulle regole e quella di Nimzowitsch fondata sulla valutazione. I cosiddetti sistemi “indiani” cominciavano ad affermarsi
nel gioco degli scacchi, grazie anche al formidabile contributo teorico dato da questi maestri, Nimzowitsch in testa.
Come ammise lo stesso Nimzowitsch nelle sue memorie, fu proprio un istintivo antagonismo ideologico verso
Tarrasch in persona, col suo stile classico (Nimzowitsch lo definì sarcasticamente pseudo-classico) a motivarlo sulla
ricerca di nuove strade nella strategia scacchistica. Giocare meglio di Tarrasch, soprannominato "Praeceptor
Germaniae", fu il suo imperativo . I due finirono col detestarsi cordialmente.
Tarrasch - dall’alto della sua posizione - ignorava deliberatamente Nimzowitsch che - va detto per onestà - non si
faceva molto benvolere. Paranoico e talvolta arrogante, il maestro lettone entrava spesso in polemica con gli altri
scacchisti. Era assolutamente convinto della bontà delle sue teorie e spese la sua vita per dimostrarle e propugnarle.
Venne definito il padre degli scacchi moderni, aveva uno stile di gioco spesso alquanto bizzarro che disorientava
gli avversari. Non riuscivano mai a capire che cosa gli passasse per la testa. A ciò si aggiunga la sua eccentricità che
non mancava di manifestarsi durante i tornei con comportamenti anche molto buffi, come quando si metteva in una
angolo della sala a fare esercizi ginnici attirandosi improperi e proteste.
Il contributo dato da questo “formidabile innovatore”, come lo definisce Keene, alla teoria delle aperture è forse il
maggiore che sia stato apportato da uno scacchista nel XX secolo. I concetti di blocco e profilassi vengono da lui
enunciati e trattati in modo rigoroso. La sua influenza su campioni quali Petrosjan o Kortchnoi è indiscussa.
Nel 1922, dopo un breve periodo trascorso in Scandinavia per sfuggire al caos postbellico in cui la Lettonia era
precipitata, si trasferì in Danimarca, dove visse fino all’ultimo dei suoi giorni. Morì di polmonite a soli 49 anni, legando ,
tra l'altro, per l'eternità il suo nome ad un'apertura: " La Nimzo-indiana".
Aaron Nimzowitsch
Riga 7.11.1886 - Copenhagen 16.3.1935
Bibliografia:
Chicco-Porreca - Dizionario Enciclopedico degli scacchi
Harold Schonmberg - I grandi maestri degli scacchi
Al Horowitz - I campioni del mondo di scacchi
R.Reti - I maestri della scacchiera
Raymond Keene - Nimzowitsch, formidabile innovatore
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