© salvatore benvenga - www.bensaver.it
Tartakower è una delle figure più emblematiche della storia degli scacchi. Nasce in Russia da padre austriaco e
madre polacca, entrambi ebrei, trucidati sotto i suoi occhi in un pogrom, quando aveva solo dodici anni. Venne portato
in Svizzera ed a Ginevra ultimò gli studi superiori, poi si laureò in legge a Vienna. Diventò cittadino austro-ungarico e
svolse il servizio militare come tenente di fanteria nella Grande Guerra del 15-18. Terminato il conflitto si dedicò al gioco
degli scacchi e si trasferì a Parigi, ma prese la cittadinanza polacca pur non spiaccicando una parola di polacco,
probabilmente in onore della madre, visto che in onore del padre era stato già cittadino austriaco.
Nel 1924 assunse la cittadinanza francese e, quando scoppiò la seconda guerra mondiale, collaborò con la
resistenza francese guidata dal generale De Gaulle, col nome di battaglia luogotenente Cartier.
Di carattere piuttosto chiuso, aveva pochissimi amici e amava giocare alla roulette dove perdeva un sacco di
quattrini, tant’è che finì la sua esistenza a Parigi solo e senza un soldo in tasca.
Era molto colto, si interessava di poesia, filosofia, cinema (scrisse anche delle sceneggiature) ed, evidentemente,
di scacchi in cui eccelleva particolarmente. Impressionante il numero di tornei da lui vinti: ben 4 volte ad Hastings
(1924, 1926, 1927, 1945), Vienna 1923, Londra 1927 in condominio con Nimzowitsch, poi Parigi nel 1929, 1940 e 1947
ed altri ancora.
Partecipò a ben sette Olimpiadi (tra cui quella del 1930 ad Amburgo, in seconda scacchiera, in cui la Polonia
guidata da Rubinstein vinse l’oro olimpico). In quella successiva (1931, Praga) conquistò la medaglia d’oro come miglior
risultato in seconda scacchiera. Resta celebre la sua vittoria contro Alekhine alle Olimpiadi del 1933 giocate a
Folkestone. Al termine del match, anche se nella somma degli altri scontri col mostro russo-francese accusava un
pesante passivo, si lasciò andare ad una delle sue celebri battute: “ Oggi ho sconfitto Alechin tre volte, in apertura, nel
mediogioco e nel finale”.
Fu anche scrittore di grande finezza e prolificità. Tra le sue opere più note e diffuse (anche in Russia) si può
citare la “ Partita ipermoderna”.
A tal proposito va annotato che fu proprio Tartakower a coniare questo appellativo per indicare lo stile di Reti e
Breyer. Il suo stile di gioco era un misto tra il romanticismo di Anderssen e la nuova tendenza propugnata da
Nimzowitsch e Reti. Come scrive quest’ultimo, le doti migliori di questo originale campione, vanno individuate nella
dedizione al lavoro e nella continua ricerca della verità, a discapito del suo innato scetticismo.
Di Tartakower restano - oltre che le sue brillanti vittorie - i suoi celebri aforismi:
“ Gli errori sono tutti là, in attesa di essere commessi”
“ Nessuno ha mai vinto una partita dopo averla abbandonata”
“ Per evitare di perdere un pezzo qualcuno perde la partita”
“ E’ del tutto preferibile sacrificare i pezzi dell’avversario”
“ Le vittorie morali non contano”
“ La tattica è sapere che cosa c’è da fare quando c’è qualcosa da fare; la strategia è sapere che cosa si può fare
quando non c’è nulla da fare.”
Savielly Grigorievic Tartakower
Rostov sul Don 22/2/1887 - Parigi 5/2/1956
Bibliografia:
Chicco-Porreca - Dizionario Enciclopedico degli scacchi
Harold Schonmberg - I grandi maestri degli scacchi
Al Horowitz - I campioni del mondo di scacchi
R.Reti - I maestri della scacchiera
Partite (PGN) zip
Vince colui che commette il penultimo errore.
Tartakower