© Salvatore Benvenga 2016
TESSAR 50mm f/2,8
OCCHIO D’AQUILA (Eagle’s eye)
Occhio d’Aquila, come è chiamato il Tessar, è figlio di una
geniale intuizione di Paul Rudolph, progettista della Carl
Zeiss di Jena, e vede la luce nel 1902. Il suo schema
ottico ha fatto da caposcuola. Qui ci occupiamo del 50
mm in almeno 5 versioni inclusa la Alu T fino alla più
recente della CZ Jen con attacco M42.
>
Crediti:
Esemplare
fornito
gentilmente
per
il
test
da
Blackdove-Cameras
che
ringrazio
per
la
collaborazione.
C’ERA UNA VOLTA…
La Zeiss viene fondata nel 1846 a Jena, una piccola città della Turingia, da Carl Zeiss (1816-1888), a quel tempo un
trentenne imprenditore che aveva studiato filologia e storia prima di avvertire la sua vocazione per l’ottica. Carl decise che la
sua azienda, inizialmente avviata per produrre apparecchi ottici di precisione ed in particolare microscopi,doveva distinguersi
per l’assoluta bontà dei suoi prodotti. Era talmente intransigente da distruggere personalmente tutti i microscopi che non
superavano il controllo di qualità.
Fondamentale fu la collaborazione avviata nel 1866 con Ernst Abbe, matematico dell’Università di Jena, il quale introdusse un
procedimento scientifico nello studio e progettazione degli schemi ottici, abbandonando quello basato sui metodi empirici
utilizzato fino ad allora. Un ulteriore importante passo avanti fu possibile grazie all’apporto di Otto Schott, inventore di una
formula innovativa nella creazione del vetro ottico (al litio). Con Schott il figlio di Carl (Roderich) nel 1884 fonda a Jena le
vetrerie destinate a passare alla storia (Jenaer Glaswerk Schott & Genossen) per lo sviluppo dato ai nuovi materiali e
tecnologie produttive. In questa azienda lavora il dr. Paul Rudolph che è impegnato a sperimentare le applicazioni pratiche
degli studi condotti da Ernst Abbe sui nuovi vetri creati dalla fertile mente di Otto Schott.
La storia non si fa con i «se» e con i «ma», questo è certo, tuttavia viene da pensare che la Zeiss non sarebbe stata la stessa
cosa senza l’apporto di quel geniale progettista che fu appunto il dr. Paul Rudolph (1859-1935) a cui si devono gli schemi
ottici del Tessar, del Planar del Biogon e del Sonnar.
La sua prima creatura, correva l’anno 1890, fu il Protar (nome che si rifà alla radice «protos» che sta per «primo», ma anche
alla preposizione latina «pro», col significato di prima o davanti) per cui si può presumere significhi «progenitore». Il Protar (
commercializzato come Zeiss Anastigmat con luminosità f/6,3) è un doppietto acromatico. Nella parte anteriore sono incollati
un vetro crown a basso indice di rifrazione ed un flint ad alto indice di rifrazione. Nel gruppo posteriore sono incollati sempre
un crown ed un flint ma dalle caratteristiche invertite, il crown è ad alto
indice di rifrazione mentre il flint è a basso indice di rifrazione. Nel 1893
Rudolph sperimenta nel Protar il gruppo posteriore con tre vetri incollati,
passando dal 4 lenti in due gruppi al 5 lenti in due gruppi. Solo per la
cronaca diciamo che nel 1895 viene creato il Doppel Anastigmat,
accoppiando due Protar in modo convertibile, ovvero consentendo la
sostituzione dell’elemento anteriore mantenendo quella posteriore, al fine
di poter disporre di focali diverse.
Rudolph, che aveva progettato anche l’Unar, un quattro lenti in quattro
gruppi ispirato al tripletto di Cooke, decise nel 1902 di sperimentare un
nuovo
schema
ottico
utilizzando
le due lenti
separate
nella zona
anteriore
dell’Unar e il
doppietto
collato del Protar della parte posteriore. Ci lavora sopra e nasce così il
Tessar (dal numero quattro in greco) uno schema di 4 lenti in tre gruppi,
formato in successione da un crown positivo nella parte anteriore, un flint negativo biconcavo al centro e, nella parte
posteriore, da un flint piano-concavo cementato con un crown biconvesso positivo.
DATI TECNICI
Lunghezza focale: 50mm
Angolo di campo: 46,7°
Lenti/Gruppi: 4/3
Max apertura: f/ 2,8
Min apertura: f/ 22
Diaframma a 6 lamelle
>(nelle versioni Alu T è a 12 lamelle)
Diametro ghiera filtri : 49mm.
Distanza minima di messa a fuoco: 35 cm
> nelle prime versioni è di 50 cm
Peso (ver M42 black): 168 gr *
Peso (ver Exa zebra): 151 gr *
* pesi certificati su bilancia di precisione SIPI
CONCLUSIONI
Questo non è un test scientifico. E’ semplicemente una prova sul campo fatta con scrupolo e pura passione. Le immagini pubblicate in
questi articoli NON sono state corrette o migliorate con Photoshop. Unica concessione è soltanto una leggera modifica di qualche punto
valore nei parametri di esposizione se la foto risulta eccessivamente scura o chiara. Nient’altro.
Non è un obiettivo tagliente alla massima apertura, a f/1,8 il microcontrasto è deboluccio. Ai bordi poi si perde alquanto. E’ necessario
chiudere almeno a f/2,8 per cambiare decisamente marcia. Tuttavia resta un obiettivo più morbido rispetto all’Oreston nonostante siano
alquanto simili e ancor più rispetto al Pancolar che ritengo il migliore del trio.
Non li ho pubblicati per rispetto della privacy, ma ho scattato ottimi ritratti ad amici montando il Pentacon sulla Fujifilm X-E2 in modo da
operare come si trattasse di un 75mm. Nei ritratti, soprattutto femminili, la morbidezza non è un disvalore, anzi!
Ha una messa a fuoco molto ridotta, appena 33 cm, il che lo colloca tra i migliori della sua categoria. Dispone di una messa a fuoco
estremamente precisa e dolce. Ha una discreta resa anche montato invertito, il che non guasta.
Esteticamente e meccanicamente si presenta bene, anche se a me personalmente piace di più la versione non MC tutta in metallo e
dall’aria più vintage. Tanto sul campo non è che si differenzi visibilmente nei risultati rispetto al modello MC.
Cromaticamente il Pentacon ha una buona resa ma a patto di evitare il flare. L’aberrazione cromatica (CA) è alquanto evidente a tutta
apertura.
Scolasticamente parlando si può affermare che è un obiettivo sicuramente da promuovere anche se in alcune materie occorre chiudere
un occhio per assegnargli la sufficienza.
I suoi pregi risiedono principalmente nel
fatto che è un obiettivo onesto, economico,
sufficientemente affidabile, con qualche
freccia al suo arco. Ovvio che se si cerca una
lente che sia una lama di rasoio è meglio
cercare altrove, ma se uno dal proprio
obiettivo non pretende solo super nitidezza
di uno Zeiss ed un bokeh da far svenire,
allora col Pentacon 50mm può prendersi
anche qualche soddisfazione.
In fondo con davvero poche decine di euro si
può disporre di una lente che - comunque la
si giri - ha scattato nel mondo qualche
milione di buone fotografie, che ha servito
per decenni fotografi di ogni genere e ha
lavorato egregiamente e senza battere la
fiacca in condizioni climatiche anche
avverse. Resta sempre valida la massima
che le buone foto si fanno prima con la
testa. E chi sa usarla bene, sa anche come
ottenere il massimo anche dal più economico
degli obiettivi.
IL TESSAR
Il brevetto fu detenuto dalla Zeiss per circa vent’anni prima di concedere la licenza a Ross (ottica) nel Regno Unito, Bausch &
Lomb negli Stati Uniti e Krauss in Francia. Sebbene solo i licenziatari potessero utilizzare il marchio Tessar, in tutto il mondo
sono fiorite le copie di questo schema: basti pensare alla Minox, allo Xenar, all’Ektar, all’Industar russo (KMZ) etc…
La luminosità del Tessar è andata via via aumentando passando dall’originario f/6,3 a f/5,5, poi a f/4,5, quindi a f/3,5 e -
infine - a f/2,8. Quest’ultima versione più luminosa venne prodotta nel 1931 col 5cm f/2,8 prima matricola 1.239.697. Il
primo Carl Zeiss Jena
Il Tessar è un obiettivo standard tuttofare prodotto in milioni di esemplari, caratterizzato essenzialmente da robustezza,
leggerezza, compattezza e alta risoluzione soprattutto centrale ma a partire da f/5,6. Sotto f/4 è relativamente morbido.
Nella versione Zebra e Nera la distanza minima di messa a fuoco è di 35 cm come per il Pancolar. A differenza di questo è
però meno luminoso e con un bokeh meno accativante. Il Tessar è un meraviglioso factotum, basta appoggiarsi su quelle che
sono le sue migliori qualità in particolare una nitidezza di tutto rispetto che salta fuori diaframmando almeno un paio di stop.
E’ stato prodotto con vari attacchi: Exacta, M42/Pentax, Zeiss Ikon (BM), Praktina, Altix-N e in diverse versioni: Silver con
l’anello di preselezione dei diaframmi in prossimità della parte frontale, poi Zebra con attacco Exa e M42, infine «Black»
molto simile al Pentacon. Gli esemplari destinati all’esportazione venivano marchiati «aus Jena» dopo il contenzioso perso
sull’uso del nome Carl Zeiss
Nelle immagini sottostanti Il Tessar 50mm f/2,8 in 4 versioni : Silver a 12 lamelle, Exa, Zebrata, Nera a 6 lamelle.
Gli obiettivi sono stati utilizzati su una Sony A7 scattando più foto dello stesso soggetto e variando il diaframma.
Alla massima apertura (f/2,8) lo abbiamo detto
non entusiasma pur conservando un decente
microcontrasto centrale. Bisogna salire ad
almeno f/5,6 per vedere le prestazioni attese da
un Tessar. Decisamente buona la resa cromatica
che nelle versioni non MC già penalizzate dal
flare vengono condizionate dalla luce filtrante o
frontale.
Ho anche scattato diverse foto montandolo su
una APS-C Fujifilm e il comportamento è
identico. Il contributo dello sfocato chiaramente è
migliore sulle APS-C per effetto dell’aumento
della lunghezza focale virtuale (diventa all’incirca
un 75mm) pur considerato che si tratta di un
obiettivo standard non particolarmente luminoso
se paragonato agli f/1,8 e f/1,4.
Fornisce ottimi risultati se impiegato nelle riprese
macro a diaframmi chiusi ( montato invertito o
con i classici tubi di prolunga), per la sua resa
nei dettagli più fini.
Tre test di confronto con diaframma diverso (CLICK ON)
I TEST
Click sulle miniature o sul link per ingrandire l’immagine (click on to enlarge)
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