© Salvatore Benvenga 2016
HASSELBLAD 500 C / CM
HASSELBLAD : IL PUNTO DI RIFERIMENTO
La
casa
svedese,
grazie
alla
creatività
e
lavoro
di
Victor
Hasselbland,
dal
1946
rappresenta
un
punto
di
riferimento
nella
fotografia
professionale.
Lo
è
diventata
per
la
validità
del
progetto
modulare,
per
la
qualità
elevatissima
ottico
meccanica
dei
suoi
apparecchi,
per
la
inusitata
robustezza,
per
la
vastità
del
sistema
in
grado
di
offrire qualunque tipo di soluzione nel medio formato.
C’ERA UNA VOLTA....
L’industria fotografica svedese nasce nel 1940, durante la seconda guerra mondiale, in seguito all’incarico dato dal governo
al fotografo e disegnatore Victor Hasselblad di progettare una fotocamera destinata alle riprese aeree. Questa macchina
fotografica, di formato 9x12, è la prima creatura che vede la luce in casa Hasselblad. Il progettista svedese aveva lavorato
precedentemente sia alla ICA (
Internationale Camera
Actiengesellschaft, una delle più antiche
aziende produttrici di fotocamere fondata
nel 1862 a Dresda ed assorbita nel 1926
dalla Zeiss Ikon)
) alla Kodak di Parigi e alla Eastman
Kodak a Rochester, maturando
competenze e soprattutto idee chiare su
quella che avrebbe dovuto essere una
fotocamera in grado di essere apprezzata
da tutti. Sviluppò quindi il progetto di
una reflex monoculare per il formato
6x6, mettendo in piedi una fabbrica
partendo letteralmente da zero e in un
contesto nel quale la meccanica di
precisione per la costruzione di
fotocamere era del tutto assente.
Nel 1948 - a dispetto di ogni più nera
previsione - la fabbrica svedese presentò
la sua 1600 F, con otturatore a tendina
da 1/1600 sec la cui foggia è
esattamente quella che connoterà tutta
la produzione Hasselblad, incluso il
magazzino portapellicola. Questo
concetto di magazzino intercambiabile e
di modularità è stato la pietra angolare
su cui l’Hasselblad si è sviluppata.
Ovviamente, l’obiettivo (Kodak Ektar 2.8/80mm) non aveva l’otturatore centrale. La produzione effettiva di questo modello
va dal 1949 al 1953, anche se in realtà il nome 1600 F appare solo col 1950, in quanto le prime fotocamere (note
semplicemente come Fotocamera Hasselblad) presentano problemi di otturatore e vengono ritirate. Le fotocamere vengono
corredate anche da uno Zeiss Tessae 80mm f/2,8. Nel 1953 esce il modello 100 F ancora con otturatore a tendina ma tempi
da 1 sec fino a 1/1000 sec.
La lettera F identifica proprio l’otturatore a tendina sul piano focale, ma questo tipo di otturatore viene accantonato per
quello centrale (montato internamente all’obiettivo) in grado di assicurare il sincro lampo su tutti i tempi ma la velocità
massima giocoforza, scende a 1/500 sec. Da qui la denominazione C (otturatore Compur) per questa serie di modelli
E’ la prima reflex 6x6 monobiettivo al mondo con ottiche ad otturatore centrale ( fornite dalla Zeiss con i classici nomi:
Planar, Sonnar, Distagon) inizialmente di colore argentato.
Corre l’anno 1957.
Sebbene sia stata inizialmente accolta con qualche scetticismo in un mondo dove la 6x6 si pronunciava Rolleiflex, l’Hasselblad si
impone tra i professionisti per le sue doti di robustezza, affidabilità e versatilità del sistema V. Peraltro non va sottaciuto che
l’Hasselblad, come la Nikon, è stata la fotocamera selezionata dalla NASA (già nel 1962) per le riprese dallo spazio e questo ha
costituito un innegabile motivo di prestigio.
Alla 500 C si accompagnano la 500 EL (motorizzata) e Super Wide (SWC) dotata di un fantastico obiettivo fisso Biogon da
38mm che copre un angolo di 90° ( equivalente grosso modo ad una focale di 21 mm nel 35mm).
Alla serie C segue la CM ed alle ottiche C (argento e nere) con otturatore Compur seguono (1982) le ottiche CF con
otturatore Prontor. La differenza, oltre che estetica - le C sono più coniche verso la lente frontale, mentre le CF sono più
cilindriche e con la ghiera di messa a fuoco di dimensione più generosa - sta nel sistema tempo/diaframma che nelle ottiche
C è di tipo accoppiato e disaccoppiabile mentre nelle ottiche CF è di tipo disaccoppiato e accoppiabile. Più complicato a dirlo
che a gestirlo…
L’Hasselblad nel 1977 (vent’anni dopo l’avvento della serie C a otturatore centrale che ha la limitazione della velocità
massima a 1/500 sec) ritorna a proporre la F (otturatore a tendina) con la serie 200 e seguenti corredandola delle ottiche
senza otturatore centrale FE.
E il digitale? Arriva anche quello, prima con i dorsi digitali che sostituiscono i magazzini portapellicola, e più recentemente
con le nuove serie ed ottiche progettate per l’era digitale. Ma questa è un’altra storia.
CONCLUSIONI
Un piccolo corredo Hasselblad ha un certo peso, e non mi riferisco solo a quello economico. Diversamente dalla Rolleiflex, l’Hasselblad
non è una macchina “riposante”, ma impegnativa. Si può far tutto o quasi con un solo obiettivo, ma è lo stesso sistema modulare su cui
è stata progettata che chiama a sè un minimo di corredo.
Chi compra una reflex 35mm lo fa pensando certamente di costruirsi col tempo un minimo di attrezzatura che ne estende le potenzialità,
lo stesso avviene per questa straordinaria 6x6. Ma un conto è farsi un viaggetto portandosi dietro una reflex 35mm e due obiettivi e un
altro è quello di portarsi dietro l’Hasselblad, due ottiche e almeno due-tre magazzini e il pentaprisma per la visione ad altezza d’occhio.
Dopo un paio d’ore anche un fisico robusto comincia ad accusare la stanchezza.
Pur vero che i matrimonialisti uscivano almeno con uno o due corpi, due o tre ottiche e quattro cinque magazzini, oltre al flash,
accumulatore e cavalletto, portandosi sulle spalle borsoni che a fine giornata lasciavano i lividi. C’è da chiedersi come facessero!
L’Hasselbad è la regina delle riprese in studio. Fotografi di moda o ritrattisti
professionisti che non usano i grandi formati hanno nell’Hasselblad lo strumento
perfetto. Qualità sopraffina delle immagini, per alcuni versi impareggiabile, dovuta
alle eccellenti ottiche che la corredano. Tuttavia, proprio nel reportage,
recentemente ho prodotto un mio libro fotografico totalmente (tranne una
immagine tratta da un rullino scattato con la Rolleiflex) fatto con l’Hasselblad 500
CM. Peraltro utilizzando ovviamente la pellicola e provvedendo successivamente a
scansionarla. Bene: i risultati mi hanno ancora lasciato davvero stupito per finezza
di dettaglio e distruttura difficile da imitare. Ma sono andato in giro pianificando il
lavoro, secondo questo criterio ergonomico: oggi esco con l’80mm, domani col
150mm e così via, in modo da viaggiare leggero il più possibile e allo stesso tempo
essere disciplinato mentalmente perché diventava necessario lavorare con l’occhio
già conformato sulla lunghezza focale montata sulla fotocamera.
Vale quindi la pena di avere un’Hasselblad analogica? E’ una domanda alla quale
non si può dare una risposta univoca. Certo che oggi si trovano occasioni a prezzi
impensabili solo qualche anno fa per effetto dell’avvento del digitale che ha
deprezzato le fotocamere analogiche e quindi economicamente può essere un affare. Ma non è solo questione di spesa iniziale. Va poi
misurato se si desidera fare vetrina o mettersi a lavorare sul serio su uno strumento che è stato fatto apposta per un impiego massiccio
e duraturo. E a questo punto entra in gioco la costanza nel rispolverare i principi dello scatto «pensato» , salvo svenarsi in pellicole 6x6
instampabili.
Nell’analogico, come si dice, ad ogni scatto si cambia sensore ed i risultati si vedono sempre alla fine, dopo aver pagato lo sviluppo.
Ma quando i risultati vengono, la soddisfazione che se ne trae è immensa. Ad ogni «clack» ( l’Hasselblad non fa «clic») si ha come la
sensazione che si è riusciti a fermare davvero l’attimo fuggente, la perfezione dell’idea, il mondo che ci circonda e che - per un
fugacissimo istante - è finito dentro un pozzetto 6x6 per restarci per sempre.
LE CARATTERISTICHE della 500 CM
L’Hasselblad lavora con i valori EV ( Exposure Value, in italiano Valore Esposimetrico) riferito alla sensibilità di 100 ISO a cui
corrisponde una serie di coppie tempo/diaframma che assicurano la stessa quantità di luce all’esposizione. Il concetto elaborato,
dal tedesco Friedrich Deckel - costruttore di otturatori
fotografici - intorno al 1950 e ha come punto di partenza il
valore EV0 che corrisponde al diaframma f/1 aperto per 1
sec. Un valore EV 14 corrisponde a f/11 a 1/125 sec ( e
ovviamente a tutta la scala di abbinamenti possibili: f/8 a
1/250 sec o f/16 a 1/60 sec….)
I valori EV sono presenti sulle ottiche (non sul corpo
macchina) ad otturatore centrale e vanno su quelli con
diaframma minimo f/22 da 2 a 18, mentre sul 150mm o sul
40mm ad esempio che hanno diaframma minimo f/32 vanno
fino a 19.
Il vantaggio è che una volta definito il valore EV, se si lascia
solidale l’accoppiamento tempo/diaframma, ruotando la
ghiera è possibile scegliere le varie combinazioni
mantenendo sempre lo stesso valore EV.
Il corpo è sostanzialmente una «camera obscura» con il
pulsante di scatto, la presa sincro, il pulsante sblocco
ottiche ( che vanno montate e montate con otturatore
armato!), la leva di avanzamento sul fianco destro.
Sul corpo può essere montato il mirino a pozzetto o un pentaprisma.
Sotto il mirino c’è il vetrino di messa a fuoco. Al corpo si aggancia il magazzino (A12, A24, A16…) dotato
di una voilè che lo separa e che deve essere estratta se si vuole scattare.
L’obiettivo standard è il Planar 80mm f/2,8 a sette lenti in 5 gruppi, che «corrisponde» (sul 35mm) ad un
50mm f/1,4. Il peso del Planar 80mm f/2,8 C è di 420 gr quello del Planar CF 510 gr.
La classica tripletta di obiettivi è normalmente formata, oltre che dal predetto Planar, dal Distagon
50mm f/4 (angolo di campo or. 75°, «equivalenti» ad un 28mm nel formato 24x36) e dal Sonnar
150mm f/4 (29° «equivalenti» ad un 90 mm nel formato 24x36).
( La cosiddetta «equivalenza» è in realtà solo indicativa, dato che tiene conto solo della diagonale
orizzontale e non di quella verticale e diagonale. Tra il formato quadrato 6x6 e quello rettangolare
24x36 esistono delle differenze che comportano necessarie approssimazioni quando si tenta di
definire a che cosa corrisponda nel 35mm una determinata focale progettata per il 6x6.)
Oltre le suddette, erano disponibili altre
ottiche intercambiabili ( da 40mm fino al
500mm)
Va segnalato anche uno zoom che ha
avuto meno successo delle ottiche fisse,
per quanto io ne sappia, per il peso
(1740 gr) e la lentezza operativa: lo
Schneider 140-280 mm f/5,6 Variogon.
Come calcolare l’anno di produzione delle fotocamere Hasselbad
La casa svedese contrassegna i suoi prodotti con un numero di matricola che è sempre preceduto da due lettere.
Queste due lettere in realtà corrispondono ciascuna ad un numero e vengono assegnate in base allo schema sottoriportato.
V H P I C T U R E S
================
1 2 3 4 5 6 7 8 9 0
per cui una fotocamera col seguente codice RHxxxxx significa che è stata prodotta nel 1982 (R=8 e H=2). Facile no?
Qualcuno potrebbe dire: ma non facevano prima a scrivere 82xxxxx?
Può darsi…ma vogliamo ammettere il fascino di questa chiave di decifrazione in omaggio a VH (Victor Hasselblad) ?
Planar 80mm f/2,8