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C’ERA UNA VOLTA....
Correva l’anno 1920 quando a Braunschweig in
Germania (Bassa Sassonia), Reinhold Heidecke (1881 -
1960) ex tecnico della Voigtlander ( fabbrica di
strumenti ottici e fotocamere più antiche del mondo
fondata nel 1756 a Vienna da Johann Christoph
Voigtländer, fabbrica poi trasferitasi a Braunschweig nel
1849), si mise in società con Paul Franke (1888 - 1950)
finanziatore per fondare la "Franke & Heidecke".
Nel 1928 - dopo l’esordio con alcuni modelli tra cui la
Heidoscop - la fabbrica tedesca mise in produzione la
prima Rolleiflex, una biottica che avrebbe lasciato un
segno indelebile nel mondo della fotografia ed avrebbe
trovato negli anni a seguire molti imitatori.
La reflex biottica utilizza una pellicola 120 a rullo
(medio formato) più comunemente nota come 6x6 e -
diversamente dalle reflex monoculari di pari formato -
offre i seguenti vantaggi: silenziosità per assenza del
sollevamento dello specchio, mancato oscuramento del
mirino al momento dello scatto, leggerezza.
Unico svantaggio l’impossibilità di cambiare l’obiettivo
(in realtà questo problema fu risolto dalla Mamiya serie C
negli anni sessanta, biottica prodotta ad imitazione della
Rolleiflex ma con il gruppo ottiche intercambiabili sulla
piastra di alloggiamento).
Nella foto la Rolleiflex 3,5F (della serie K4F) corredata
di uno strepitoso obiettivo Carl Zeiss Planar 75mm,
f:3,5, ed otturatore Syncro-Compur MXV/CR00 con
tempi da 1sec-1/500sec + B, costruita intorno al 1961.
Nel mezzo secolo successivo alla sua uscita, la Rolleiflex
si affermò in campo professionale, in sala di posa e
presso i fotografi matrimonialisti, ma soprattutto presso
i famosi “paparazzi” resi celebri dallla cinematografia
degli anni sessanta.
Il mirino a pozzetto (ripiegabile e peraltro sostituibile
con un pentaprisma sportivo) garantiva un a visione
continua, anche traguardando grazie al particolare
ripiegamento delle alette del cappuccio, ed era comodo
nelle riprese dall’alto perché, rovesciando la macchina e
tenendola alta sulle braccia protese oltre la testa.
permetteva al fotografo di riprendere comodamente le
scene scavalcando l’ostacolo di una eventuale folla
davanti al soggetto.
La messa a fuoco si effettua ruotando la grossa manopola
sulla sinistra della cassa su cui è allogiato anche la
finestrella dell’esposimetro con ago a collimazione.
Sulla destra della cassa c’è invece la leva di armamento
dell’otturatore. Sul frontale anteriore, in alto a sinistra la
leva per selezionare la modalità di lampeggiatore (sincroX
oppure FP a lampada), in centro le due rotelline destinate
una alla selezione dei tempi e l’altra a quella dei
diaframmi (visibili sulla finestrella posta sopra l’obiettivo
superiore), in basso sulla sinistra il pulsante di scatto,
sulla destra il contatto sincro per il cavetto del flash.
L’obiettivo superiore serve esclusiamente per proiettare la
visione del campo inquadrato sul vetro smerigliato difeso
dal cappuccio, attraverso una camera oscura nettamente
separata da quella a servizio dell’obiettivo inferiore che
assolve alla ripresa vera e propria. L’immagine sul vetro
smerigliato appare con i lati invertiti (la cosa risulta
inizialmente ostica ai neofiti).
L’obiettivo inferiore è dotato di diaframma ed otturatore
centrale (grande comodità questa per scattare col flash
con tutti i tempi di posa programmati),
Il primo obiettivo montato sulle Rolleiflex su un Carl Zeiss
Jena Tessar 55mm f:4,5. Nella versione economica della
Rolleiflex (la Rolleicord prodotta per oltre quarant’anni a
cominciare dal 1933) l’ottica era sostituita inizialmente da
uno Zeiss Triotar e poi, nelle ultime versioni, da uno
Schneider Xenar. L’obiettivo Planar 80mm F:2,8 fu
introdotto nelle Rolleiflex nel 1954 con il modello da C e
poi D. Nella versione con lunghezza focale 75mme
luminosità 3,5 il Planar fu inserito nei modelli E ed F.
Dal 1984 l’ottica standard in dotazione fu esclusivamente
il Planar HFT 80mm f:2,8.
La Rolleiflex fu anche prodotta in una versione 4x4 (tra il
1931 ed il 1968) con ottica Tessar 60mm (sia f:2,8 che
f:3,5) o nell’ultima serie con lo Schneider Xenar da 60mm
f:3,5.
Trattandosi di fotocamera con obiettivi non intercambiali,
per non perdere quote di mercato la Rollei introdusse,
due varianti, sempre ad ottica fissa: la Rolleiflex Tele (dal
1959) dotata di uno Zeiss Sonnar 135mm f:4,00 e la Wide
(grandandolare) dotata di uno Zeiss Distagon 55mm
f:4,00 (a partire dal 1961). Esistono anche due varianti
(prodotte dopo il 2002): la New Tele con Schneider Tele-
Xenar HFT 135mm f:4,00 e New Wide con Schneider
Super Angulon 50mm f:4,00
Il caricamento della pellicola nella Rolleiflex necessita di
un buona dose di manualità: nulla di complicato, ma per
destreggiarsi velocemente è necessario - come si dice-
prenderci la mano. Bisogna rovesciare la macchina sul
frontale, sganciare il fondello e rovesciare il dorso verso il
cappuccio, quindi spostare il rocchetto vuoto in alto,
inserire quello pieno in basso, far passare la pellicola
sotto il rullino d’acciaio e srotolarla fino ad agganciarla nel
rocchetto vuoto superiore. Poi, dopo un giro di manovella
per completare l’aggancio, si richiude il dorso e si aziona
ancora la manovella fino all’arresto automatico che
visualizza il n.1 nella finestrella circolare delle pose (posta
in alto, sul lato della leva di carica).
CONCLUSIONI:
Chi ha usato la Rollei sa bene che è una esperienza unica.
E’ una macchina “riposante”, nel senso che la sua stessa
filosofia, il formato quadrato, la silenziosità, il modo di
ripresa dall’alto con lati invertiti, genera un senso di
calma e attenzione verso l’immagine del tutto singolare.
Ogni scatto è frutto di una riflessione maturata alla luce di
padronanza tecnica e stilistica appaganti.
I risultati poi sono di una qualità rara a vedersi.
E’ stata la macchina forse più imitata perché la più amata.
© S. Benvenga