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C’ERA UNA VOLTA....
La Meyer Optik nasce nel 1896 a Görlitz - una
cittadina della Sassonia non molto distante da
Dresda e situata sul confine polacco - per iniziativa
di Hugo Meyer (1863-1905), un ottico
intraprendente e capace che aveva deciso di
dedicarsi alla produzione di obiettivi per macchine
di medio e grande formato. La sua creatura più
celebre fu il Meyer Aristostigmat 21 cm F4.6 (primi
anni del 1900) caratterizzato dalla assenza di
aberrazioni cromatiche e astigmatismo.
Dopo la sua scomparsa la ditta fu gestita dagli eredi
che si avvalsero della collaborazione di Paul
Rudolph, ovvero il padre dei celebri Protar, Tessar e
Planar nati in casa Zeiss a Jena. Grazie a questo
sodalizio la Meyer si dedicò alla costruzione di
obiettivi per macchine di piccolo formato ed in
particolare produsse ottiche con attacco Ihagee
Exacta. Ma Rudolph con la Meyer nel 1924 produsse
il famoso obiettivo Plasmat cinema, un’ottica
decisamente avanzata per quell’epoca.
Alla fine della seconda guerra mondiale la città
viene divisa in due, tra Germania e Polonia,
l’azienda resta in Germania Est e subisce il
mutamento della ragione sociale, assumendo il
nome di VEB - Gorlitz con il quale la fabbrica
riprende la sua attività. Nel 1968 avviene la fusione
con la Pentacon, la ragione sociale prende il nome
di VEB Pentacon con sede nella vicina Dresda. Non
passano venti anni (corre il 1985) che l’azienda si
fonde con la VEB Zeiss. In questo periodo la ditta
ha prodotto obiettivi anche per Praktica, Exacta,
Zeiss Ikon. In particolare si ricordano i vari
Domiplan, Primagon, Primotar 50mm su schema
Tessar , il Triotar, e altri ancora tra cui il nostro
Oreston.
Dopo la riunificazione della Germania lla Meyer
ritorna a Gorlitz ma non decolla. Grazie a
finanziatori che rilanciano la nuova Meyer Optik
l’azienda torna alla ribalta nel 2014 presentando le
nuove ottiche Somnium progettate per essere
utilizzate su Canon e Nikon. Per la cronaca - nel
momento in cui scrivo - è in procinto di rimettere
sul mercato la riedizione del famoso Trioplan dopo
che le particolari performances di questa vecchia
ottica finita sulle bancarelle sono state riscoperte e
pubblicizzate in rete da una nicchia di appassionati.
L’ ORESTON 50mm f/1,8
La produzione di quest’obiettivo risale al 1960. Si
tratta di un sei lenti luminoso progettato dalla
Meyer Optik per sostituire l’oramai anzianotto
Domiplan (con schema tripletto di Cooke). La
Pentacon, dal 1971, produce il successore
dell’Oreston.
La Meyer a cavallo degli anni 50 e 70 è - dopo la
Zeiss - il più forte produttore di ottiche della
Germania Est.
L’obiettivo di cui ci stiamo occupando è un passo a
vite M42, attacco introdotto nel 1947 dalla Zeiss
Ikon Contax e poi adottato da molti altri marchi tra
cui Praktica e anche Asahi Pentax (1957) per i suoi
Takumar, infine dalla russa Zenith e dalla
Voitglander per la Bessa Flex.
Questo passo (noto anche come 42x1) ha il
vantaggio di poter essere utilizzato con opportuni
adattatori praticamente su quasi tutte le più
importanti reflex digitali moderne ( perdendo tutti
gli automatismi ovviamente).
L’Oreston 50mm f/1,8 della Meyer Optik, sotto il
profilo del prezzo di mercato si colloca a metà
strada tra il Pentacon ed il Pancolar della Zeiss
Jena.
E’ un obiettivo robusto, solido, metallo allo stato
puro e vetri di alta qualità.
Dati tecnici:
Lunghezza focale 50mm
Angolo di campo : 46,7°
Max apertura diaframma f/1,8
Minima apertura diaframma f/16
Peso: 236 grammi,
Sei lenti in quattro gruppi
Minima distanza di messa a fuoco 33 cm.
Diametro filtri 49mm
Anni di costruzione: 1960 - 1970
L’obiettivo - che so essere impiegato anche dai
cineoperatori - si caratterizza per una notevole resa
cromatica, un meraviglioso contributo dello sfocato
ed una elevata nitidezza ai diaframmi intermedi.
A tutta apertura ( f/1,8) è piuttosto morbido e si fa
perdonare solo per la plasticità del suo bokeh
lenticolare molto accattivante. Basta però chiudere
uno o due stop e diventa tagliente come una lama
di rasoio.
Attraverso un comunissimo adattatore Fx/M42 l’ho
provato su una Fujifilm X-E2 e devo dire che i primi
scatti mi hanno letteralmente sorpreso per la
pastosità, la resa cromatica e la nitidezza.
Su una APSC quale appunto è la X-E2, l’obiettivo
equivale ad un 75 mm, un mezzo tele che ha tutti i
requisiti per scattare ritratti di ottima qualità.
Superfluo aggiungere che occorre mettere a fuoco a
manina, come si faceva un tempo. Nessuna
concessione alla comodità se non quella incorporata
nelle mirrorless come la Fujifilm che consentono
quanto meno il controllo visivo dell’ esposizione
attraverso l’EVF o il display. Confesso però che mi è
anche piaciuto utilizzarlo portandomi un buon
esposimetro esterno proprio per calarmi totalmente
nella figura del fotografo di un tempo.
I TEST
Ho messo alla prova l’obiettivo, come detto,
montandolo sia su una Fujifilm X-E2 (su cui si comporta
come un 75mm) e su una full frame Sony A7 Tutte le
prove condotte, di cui allego i link con relativi
ingrandimenti al 100% del dettaglio, si sono svolte in
ambiti diversi dalla ritrattistica. Ho anche testato
l’obiettivo in funzione macro attraverso l’anello di
prolunga MCEX-11 Fujifilm ottenendo risultati molto
interessanti.
Dicevo della resa generale: assolutamente di prima
qualità, superiore per molti versi a quella di ottiche
assai più costose e blasonate.
Gli scatti sono stati fatti sia alla massima apertura (che
è f/1,8) per saggiare la nota morbidezza della messa a
fuoco e la notevole esaltazione dello sfocato, che ai
diaframmi più chiusi (2,8 - 5,6 - 8), sia alla minima
distanza di messa a fuoco che sull’infinito.
Solamente con l’uso dell’anello di proglunga MCEX-11
per la foto dell’orchidea e con quella dell’orsacchiotto e
le matite colorate la fotocamera è stata sul treppiede
per non essere influenzati da un eventuale micromosso.
Mentre tutti gli altri scatti sono stati fatti a mano libera.
Va aggiunto che il complesso della X-E2 del dell’Oreston
50mm, pur penalizzato nell’ingombro dell’adattatore
FX-M42, è molto maneggevole, si impugna bene e
mantiene una adeguata stabilità, con scatti soffici e
silenziosi come un sussurro.
Ho provato a fare degli scatti anche in un parziale
controluce, poi a breve, a media e lunga distanza. Tutte
le immagini ( ne allego solo una dozzina) sono risultate
a mio parere assolutamente buone, qualcuna perfino
ottima ( è bastato diaframmare leggermente per
ottenere una nitidezza davvero notevole).
A proposito di diaframma, vale la pena di osservare
come esso sia di forma esagonale, tuttavia in grado di
restituire immagini di buona qualità come se si
trattasse di un foro quasi circolare.
I colori sono risultati pastosi, ben saturi, soprattutto
nella gamma dei blu e del rosso.
LINK ai test e relativi ingrandimenti
TEST scatti a T.A. ( f/ 1,8 e f/2)
-> Uno
-> Due
-> Tre
TEST scatti a f/4
-> Resa cromatica in ombra piena
-> Resa cromatica in luce soffusa
-> Controluce
TEST con anello Macro MCEX-11
-> Orchidea bianca
TEST scatti a f/ 5,6
-> Soggetto vicino
-> Primo piano laterale e sfondo
TEST scatti a f/ 8
-> Primo piano
-> Media distanza
-> Infinito
->Prova a 3200 ISO
->Mira ottica a f/2,8
->Mira ottica a f/8
CONCLUSIONI
Ci troviamo di fronte alla più classica delle belle
sorprese inattese. Non perché sia inattesa la qualità
degli obiettivi della Meyer Optik, ancorchè il progenitore
del nostro Orestor, il Domiplan, sia solo un lontano
parente di questo splendido obiettivo.
Inattesa nel senso che si fa fatica a immaginare che con
poche decine di euro si riesca a trovare una lente di
questa levatura, in grado di dialogare magnificamente
anche con fotocamere digitali.
Un’ottica che ha mostrato pregi di assoluto rilievo, che
per alcuni versi trovo perfino superiori a quelli che sono
in grado di offrire ottiche più moderne e costose,
decisamente sopravvalutate se si pensa alla spaventosa
differenza di costo tra questo vecchio vetro e gli
scintillanti oggettini che si vedono oggi in commercio.
Un obiettivo di più che modesto aspetto, ma costruito
per durare, solido, senza fronzoli, una filettatura per
essere avvitato alla fotocamera e un perno per chiudere
il diaframma: compatto e robusto, solido metallo,
splendidi vetri. Una lente fatta apposta per chi ama
prendersi il proprio tempo per fare uno scatto, che ama
centellinare ogni click gustandoselo come un sorso di
vino pregiato attinto da un calice. Non è da “fast food”,
ma da “slow food”.
Sebbene, almeno sulla carta, il buon Pentacon 50mm
f/1,8 abbia sostituito l’Oreston Meyer con l’identico
schema ottico e gli identici vetri, il comportamento dei
due obiettivi non è affatto uguale. L’Oreston appare più
graffiante e le prove da me condotte sugli esemplari
fornitimi confermano questa impressione.
L’Oreston è adatto a chi non sente il bisogno di correre
e che non si lascia influenzare dalle mode e dal bisogno
di apparire, uno strumento che pare sopravvissuto
apposta per quanti mirano alla sostanza della
fotografia.
© S. Benvenga