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C’ERA UNA VOLTA....
La Zeiss viene fondata nel 1846 a Jena, una piccola
città della Turingia, da Carl Zeiss (1816-1888), a
quel tempo un trentenne imprenditore che aveva
studiato filologia e storia prima di avvertire la sua
vocazione per l’ottica. Carl decise che la sua
azienda, inizialmente avviata per produrre
apparecchi ottici di precisione ed in particolare
microscopi,doveva distinguersi per l’assoluta bontà
dei suoi prodotti. Era talmente intransigente da
distruggere personalmente tutti i microscopi che
non superavano il controllo di qualità.
Fondamentale fu la collaborazione avviata nel 1866
con Ernst Abbe, matematico dell’Università di Jena,
il quale introdusse un procedimento scientifico nello
studio e progettazione degli schemi ottici,
abbandonando quello basato sui metodi empirici
utilizzato fino ad allora. Un ulteriore importante
passo avanti fu possibile grazie all’apporto di Otto
Schott, inventore di una formula innovativa nella
creazione del vetro ottico (al litio). Con Schott il
figlio di Carl (Roderich) nel 1884 fonda a Jena le
vetrerie destinate a passare alla storia (Jenaer
Glaswerk Schott & Genossen) per lo sviluppo dato
ai nuovi materiali e tecnologie produttive. E’ qui che
vede la luce (in tutti i sensi) nel 1886 il primo
obiettivo apocromatico con elementi alla fluorite.
Alla fine della seconda guerra mondiale la città di
Jena resta sotto il controllo sovietico. Gli americani
fanno appena in tempo a spostare personale
specializzato e strumenti in Germania Ovest,
mentre i sovietici trasferiscono in Uctaina (Kiev) la
produzione delle fotocamere Contax e in Russia
quella degli obiettivi. La Carl Zeiss Jena produce
obiettivi ma nel 1971 una lunga procedura legale si
conclude con l’affidamento del marchio Zeiss
all’azienda ubicata in Germania Ovest. La
ricomposizione tra le due Zeiss si realizza nel 1991
con la riunificazione tra le Germania Est e Ovest.
IL SONNAR 200 mm f/2,8
Padre dello schema ottico Sonnar è Ludwig Jakob
Bertele (1900-1985) che nel 1929, sviluppando un
progetto da lui chiamato Ernostar avviato una
decina di anni prima, giunge a progettare uno
schema di sette elementi in tre gruppi, di
straordinaria luminosità ed efficacia che trova
applicazione concreta nella produzione del primo
Sonnar f/1,5 (1932) per la Zeiss Ikon. In verità c’è
stato un primo esperimento con un 50mm 1:2 a sei
lenti per la Contax I, immediatamente abbandonato
per il sette lenti f/1,5. Nel 1935 appare il celebre
Olympia Sonnar (180mm f/2,8). Il nome Sonnar
deriva dal tedesco “Sonne” (sole) paradigmatico per
la sua caratteristica di eccellente luminosità.
Con lo schema Sonnar i russi produrranno nella
fabbrica KMZ (Krasnogorskiy Mechanicheskiy
Zavod) i famosi Jupiter.
Ma torniamo al nostro Sonnar.
La versione provata è già quella MC (Multicoated)
dotata cioè di un trattamento delle lenti. L’obiettivo
di cui ci stiamo occupando è un passo a vite M42,
attacco introdotto nel 1947 dalla Zeiss Ikon Contax
e poi adottato da molti altri marchi tra cui Praktica
e anche Asahi Pentax (1957) per i suoi Takumar,
infine dalla russa Zenith e dalla Voitglander per la
Bessa Flex.
Questo passo (noto anche come 42x1) ha il
vantaggio di poter essere utilizzato con opportuni
adattatori praticamente su quasi tutte le più
importanti reflex digitali moderne ( perdendo tutti
gli automatismi ovviamente).
Il Sonnar MC 200mm f/2,8 della Zeiss Jena è un
obiettivo costruito per durare: solido metallo e vetri
di buona qualità. Sotto il profilo meccanico e ottico
merita ampia considerazione.
Dati tecnici:
Lunghezza focale 200mm
Angolo di campo : 12,3°
Max apertura diaframma f/2,8
Minima apertura diaframma f/22
Peso: 1270 grammi,
Sei lenti in quattro gruppi (6 elem / 4 grp)
Minima distanza di messa a fuoco 220 cm.
Diametro filtri 77 mm
Messa a fuoco manuale (MF)
Attacco M42
Anni di produzione: 1978-1990
Nell’immagine si vede il confronto tra il glorioso
Nikon AI 180mm f/2,8 ed il Sonnar Zeiss Jena DDR
200mm f/2,8. Come si nota il Sonnar è ben più
voluminoso e - va aggiunto - anche più pesante.
L’obiettivo restituisce una buona resa già a tutta
apertura, resa che aumenta ovviamente passando
ai diaframmi intermedi (5,6 e 8). Nitidezza generale
e microcontrasto sono davvero buoni ed anche il
contributo dello sfocato (bokeh) risulta piacevole e
cremoso. Non presenta distorsioni o aberrazioni
evidenti. Ai bordi l’immagine è ovviamente meno
definita a f/2,8, ma ottima a f/5,6 o f/8.
Attraverso un comunissimo adattatore Fx/M42 l’ho
provato sulle Fujifilm X-E2 e XT1 ed i risultati hanno
favorevolmente impressionato, anche negli scatti a
mano libera. Ovviamente è da preferirsi un solido
treppiede e tempi di scatto piuttosto veloci
consentiti dalla luminostità di questo obiettivo.
Va aggiunto però che essendo l’ottica però priva di
un collare con l’ attacco filettato per l’avvitamento
sul treppiedi la massa del Sonnar sbilancia molto il
complesso del corpo macchina-obiettivo che resta
ancorato al tripode unicamente attraverso il filetto
posto sotto il fondello del corpo macchina.
L’unica nota negativa di quest’ottica è data dalla
mole e dal relativo peso. Tenerlo tra le mani suscita
una sensazione di robustezza a cui oggi non si è più
abituati. Ma è soprattutto il peso a rendere non
facilissima la sua gestione a mano libera.
Bisogna avere una discreta robustezza negli
avambracci e una postura inchiodata al pavimento
se si vuole scattare a mano libera montato su una
APSC.
I TEST
Ho messo alla prova l’obiettivo, come detto, montandolo
sulle mirroless Fujifilm serie X con opportuno adattatore
M42. Tutte le prove condotte, di cui allego i link con
relativi ingrandimenti al 100% del dettaglio, si sono
svolte in ambienti diversi. Ho in particolar modo
cercato di testare il comportamento a mano libera con
diaframma alla massima apertura (f/2,8) che di
regola è il più “debole” della catena.
Gli scatti sono stati fatti sia alla massima apertura
(f/2,8) per saggiarne la tenuta, che ai diaframmi più
chiusi (4 - 5,6 - 8), sia alla minima distanza di messa a
fuoco che sull’infinito.
Ci troviamo di fronte ad un obiettivo nato quando il
digitale era ancora da venire. Tuttavia i colori sono
risultati ben saturi, pastosi, brillanti.
Sotto il profilo della nitidezza assoluta va detto che le
ottiche moderne progettate per il digitale risultano
migliori, ma il raffronto va fatto con obiettivi di pari
luminosità che costano tre dieci e le venti volte in più
rispetto allo Zeiss Jena MC Sonnar.
Nell’immagine si nota l’adattatore M42 per Fujifilm X
Su una APSC come la X-E2 o la XT1, il Sonnar infatti
equivale ad un 300 mm, quindi un bel tele di discreta
potenza per soggetti lontani ma non lontanissimi.
LINK ai test e relativi ingrandimenti
TEST
-> Minima distanza Uno
-> Minima distanza Due
-> Media distanza Uno
-> Media distanza Due
-> Lunga distanza Uno
-> Lunga distanza Due
-> Basso contrasto ISO 1600
-> Ripresa in pieno sole
-> Ripresa in penombra
-> Resa cromatica in penombra
TEST Mira Ottica
-> f/2,8
-> f/8
->Confronto Linee per millimetro f/2,8 - f/8
Il paraluce, rigorosamente di ottimo e robusto metallo, è
in dotazione. Quando non viene impiegato trova il suo
naturale alloggiamento avvitato al contrario sulla parte
terminale dell’obiettivo, nello spazio tra la ghiera della
messa a fuoco e il collare di protezione della generosa
lente frontale.
CONCLUSIONI
Diciamo subito che si tratta di un obiettivo che
stramerita quelle poche centinaia di euro a cui oggi è
possibile reperirlo. Le immagini a corredo di questa
pagina stanno a dimostrarlo. Chi ha avuto modo di
usarlo, salvo non si stufi del suo ingombro e peso, se lo
tiene ben stretto. Infatti non è facilissimo trovarne in
giro degli esemplari in vendita.
Ho tentato un relativo confronto con una delle mie
lunghe focali più amate: il Nikon Ai 180mm f/2,8,
sempre adattato su una fotocamera Fujifilm per via della
possibilità di sfruttare gli adattatori della mirrorless.
E questo anche se le focali non sono esattamente le
stesse. Ma la differenza di angolo di campo tra un
180mm ed un 200mm è talmente poca che si nota solo
con un confronto diretto.
A onor del vero come brillantezza il Nikon mi è apparso
leggermente superiore, con un microcontrasto più
deciso. Quello che però colpisce del Sonnar è la sua
capacità di restituire immagini pulite, incise in modo
ampiamente soddisfacente e ben corrette
cromaticamente. Le foto rivelano una buona uniformità a
tutti i diaframmi, anche se da f/4 a f/8 si hanno i migliori
risultati. E - non dimentichiamolo - riuscire a utilizzare
degnamente un teleobiettivo a f/2,8 o f/4 significa poter
impiegare tempi di scatto veloci senza alzare gli ISO. E
questo è un vantaggio non trascurabile. Non solo, anche
il contributo dello sfocato risulta più gradevole.
Un obiettivo che ha un aspetto quasi marziale, perfino
spartano per certi versi, che rivela tutta la sua filosofia
di costruzione: fatto per durare, massiccio, solido, una
sorta di carro armato che può anche ispirare soggezione.
Tra i pro quindi vanno conteggiati la solidità meccanica,
la bontà ottica, la robustezza generale, il rapporto
elevatissimo tra qualità e prezzo. In fondo resta sempre
uno Zeiss.
Tra i contro metterei di certo il peso, non si è più
abituati ad andare in giro con colossi di questa stazza. E
la minima distanza di messa a fuoco: 220 cm non sono
pochi per chi vuole usarlo come “pseudo-macro”.
Oggi un moderno zoom che copre anche i 200mm di
lunghezza focale pesa all’incirca un terzo del Sonnar, ma
è sostanzialmente un ammasso di vetro e materiale
plastico ( per quanto nobile).
Alla fine però, ciò che conta veramente è quello che si
riesce a tirare fuori da un obiettivo: se usato a dovere
con un minimo di perizialo Zeiss Jena DDR Sonnar MC
200mm f/2,8 (M42) è in grado di regalare grandi ed
inattese soddisfazioni.
Basterebbe solo guardare l’immagine test “Media
Distanza Uno” per capire che cosa intendo dire.
E il tutto a cifre decisamente abbordabili.
© S. Benvenga