www.bensaver.it C’ERA UNA VOLTA.... Per molti anni nella borsa del fotoamatore medio c’erano, insieme al corpo macchina, tre obiettivi: il grandangolare 28mm, il cosiddetto “normale” 50mm, e il tele 135mm. Si diceva che con questa tripletta si poteva affrontare la stragrande maggioranza delle situazioni fotografiche. Grazie alla possibilità offerta da alcune recenti mirrorless di qualità, come la Fujifilm XT1, ed alla presenza sul mercato di anelli adattatori di ogni tipo, abbiamo voluto mettere alla prova due vecchie ottiche : a) un Nikkor QC 135mm f/2,8 del 1974. b) uno Aus Jena DDR (Zeiss) Sonnar 135mm. f4 T Auto innesto a vite M42 (42x1) dei primi anni 60 (61-64) Il test è finalizzato a dimostrare come sia possibile ridare vita a ottiche leggendarie ma vetuste, destinate a diventare oggetti da vetrina, con risultati davvero stupefacenti. Questo grazie alla possibilità delle nuove mirrorless di impiegarle tramite idonei anelli adattatori, sia pure sacrificando tutti gli automatismi per ritornare al totale controllo manuale dei fondamentali della fotografia. BREVE STORIA. Della Nikon e delle sue ottiche parlo diffusamente in molte pagine di questa rubrica (cfr Nikon F e segg.) cui rimando a quelle. Quindi aggiungo due sole parole per questo 135mm Q f/2,8. Non prima però di aver ricordato che nel catalogo Nikon i 135mm sono cose da palati sopraffini, basterebbe citare una per tutte quella che è ritenuta probabilmente la più bella mai prodotta al mondo: il 135mm f/2 DC, che qualcuno definisce la Ferrari della categoria. La prima cosa da dire è che oggi un’ottica quale il 135mm Q f/2,8 si trova nei mercatini intorno ai 40/50 dollari, un prezzo davvero ridicolo per la qualità che se ne ricava. La seconda è che si tratta di’ un quattro lenti (Q sta infatti per Quatuor, quattro) in quattro gruppi, peso 620gr. Sebbene tra i nikonisti ( o nikoniani) ci sia da tempo maggiore predilezione per il 105mm, considerato superiore come resa ottica, resta il fatto che (135mm f/2 DC che fa storia a sé per la qualità sbalorditiva) la famiglia dei 135mm, incluso quello in esame, è tutt’altro che scadente. Anzi... Sullo Zeiss Jena S 135mm f/4 ci soffermiamo un po’ di più, proprio per compensare la sua minore popolarità (non ci riferiamo al marchio Zeiss beninteso !). Vale la pena di ricordare che Carl Zeiss, quando nel 1846 fondò la sua officina, lo fece nella piccola città della Germania centrale, Jena per l’appunto. Qualche decennio dopo (1884) sempre a Jena si formò un sodalizio destinato a restare una pietra miliare nella storia dell’ottica, quello tra Carl Zeiss, suo figlio Roderich, Ernst Abbe (fisico e matematico)  ed Otto Schott (vetrerie). Da questo momento in poi la produzione di ottiche e poi (dal 1926) anche di fotocamere (Zeiss Ikonta e seguenti) divenne via via sempre più massiccia con un livello qualitativo notevolissimo. Nelle ottiche basterebbe ricordare l’introduzione di schemi innovativi e obiettivi destinati a far scuola ed essere scopiazzati dal resto del mondo. Il primo ad avere successo ( nel 1902 ) fu il Tessar. geniale realizzazione di Paul Rudolph partendo dal Protar ( più noto come Anastigmat) del 1890. Se parlate con un vecchio fotografo professionista cresciuto a pane e Rollei, gli vedrete cadere qualche lacrimuccia di nostalgia quando ricorderà il glorioso e graffiante Tessar.   In realtà - come schema ottico - il Planar (1896) con le sue sei lenti simmetriche (3 +3) precedette il quattro lenti Tessar. Quest’ultimo risultava però più inciso e soffriva meno di quello che si definisce “flare”. Fu l’invenzione del trattamento antiriflesso, il famoso simbolo T* rosso (inventato in casa Zeiss da Smakula nel 1935) che cambiò le carte in tavola, conferendo al Planar tutta la sua splendida e latente capacità riproduttiva. Saltiamo quindi - per non farla troppo lunga - al 1929, anno in cui Ludwig Bertele disegna per la Zeiss Ikon il Sonnar (dal tedesco Sonne, ovvero sole per evocare la sua luminosità), obiettivo che viene prodotto in serie a partire dal 1932 per la Contax I. Lo copia del vecchio Sonnar, destinato anchesso a fare scuola, la si trova anche sugli obiettivi russi Jupiter (3 - 8 - 9). Ma la fama del Sonnar assume contorni da leggenda con le Olimpiadi di Berlino del 1936 ( che a molti ricordano le quattro vittorie di Jessie Owens sotto lo sguardo disgustato di Hitler) occasione in cui fu messo a disposizione dei fotografi di gara il celeberrimo Olympia Sonnar 180 f/2,8. Nel 1945, con la disfatta del Terzo Reich, la Germania fu occupata dalle forze alleate e da quelle sovietiche e subì una spartizione che durò - come tutti sappiamo - fino al 1990. Gli americani si portarono via da Jena 126 tra i migliori tecnici, per cui si vennero di fatto a formare due Zeiss. In Germania Est quella storica di Jena dove lo stabilimento Zeiss e le vetrerie Schott controllate dai russi diventano aziende statali col nome di VEB Carl Zeiss JENA e VEB Jenaer Glaswerk. Mentre in Germania Ovest occidentale sorge la “Optische Werke Oberkochen”. Le due produzioni vanno avanti per loro conto fino al 1990, anno in cui la Carl Zeiss ritorna una cosa sola. Una lunga premessa, speriamo non noiosa, per dire che l’obiettivo di cui si parla è un obiettivo costruito dalla Zeiss sotto il controllo russo, su schema originale Zeiss e con vetri di una delle migliori vetrerie del mondo: la Schott, per l’appunto. I TEST Ho messo alla prova i due obiettivi, come detto, montandoli su una Fujifilm XT1. Vale la pena di ricordare che per effetto della misura del sensore (APS-C) i due obiettivi si comportano come se fossero una focale di circa 200mm. Gli scatti sono stati fatti alla loro massima apertura (che è diversa, dato che il Nikkor è f/2,8 mentre il Sonnar è f/4), ad un diaframma intermedio (5,6 e 8), poi alla minima distanza di messa a fuoco e anche sull’infinito. I test sono stati fatti usando mettendo la macchina sul treppiede per non essere influenzati da un eventuale micromosso. Infine ho fatto con il Sonnar degli scatti a mano libera, come avviene normalmente nell’uso quotidiano di un comune fotografo che se ne va in giro per cogliere qualche immagine a proprio piacimento. Mi piace anticipare qualche considerazione che poi ognuno potrà valutare come meglio ritiene. In certe situazioni, soprattutto alla massima apertura e alla minima distanza di messa a fuoco (che è diversa dato che per il Nikkor si colloca a 150 centimetri mentre per il Sonnar a 120) ho avuto la sensazione che l’ottica giapponese sia risultata un filo più nitida. Nella messa a fuoco sulla lunga distanza il Sonnar mi è parso più nitido nei dettagli. Cromaticamente non ho rilevato differenze sostanziali. Un altro aspetto che mi ha colpito è che il movimento della ghiera dei diaframmi del Sonnar (posta in prossimità della lente frontale per cui bisogna abituarsi a trovarla lì) è fluida, senza scatti, e regola un foro quasi circolare in modo progressivo e dolce come una manopola di regolazione consentendo variazioni micrometriche inusitate. Il Nikkor ha i diaframmi a scatto, regolati dalla tradizionale ghiera vicino al bocchettone di innesto dell’ottica. LINK ai test e relativi ingrandimenti TEST immagini Tutta Apertura a 3200 ISO -> cfr S Jena -> cfr Nikkor Q TEST a f/5,6 a 200 ISO e Distanza minima di Messa a Fuoco -> cfr S Jena  -> cfr Nikkor Q TEST a f/8 a 200 ISO -> cfr S Jena  -> cfr Nikkor Q TEST con Messa a Fuoco sull’infinito -> cfr S Jena  -> cfr Nikkor Q Infine sottopongo in visione due scatti liberi in città, realizzati con il Sonnar Jena montato sempre sulla Fujifilm XT1 a 200 ISO. A mio parere la dicono davvero lunga sulla bontà di questa ottica. Come si dice talvolta...sessant’anni e non dimostrarli !! -> IMMAGINE 1 ->IMMAGINE 2 CONCLUSIONI Le immagini caricate - che sono poi quelle che in genere esprimono i concetti  meglio di molte parole - presumo siano abbastanza eloquenti. Certamente gli obiettivi di nuova generazione ( non tutti però...) sono progettati e realizzati per dare il loro meglio sulle fotocamere digitali. Sotto certi aspetti non ci può essere competizione in termini di velocità, comodità, memorizzazione dei dati, cromatismo, nitidezza e chi più ne ha, più ne aggiunga. Ma la fotografia è solo questo? Se lo è, bene inutile perdere tempo. Ma se la fotografia è anche lo scatto centellinato, l’assenza di fretta, la capacità di saper mettere a fuoco senza disporre di autofocus e diaframmare senza che sia il Program a deciderlo, se ci muove la ricerca dell’immagine fatta con la giusta calma e passione ed il piacere di sentire fra le mani un oggetto che sa di cose solide come i bei vecchi mobili della nonna, in questo caso c’è di che riflettere e considerare che tutto sommato si può e si deve osare. Ma quale dei due 135mm preferire? Sotto il profilo della compatezza, vince indubbiamente il Sonnar. Pare proprio fatto apposta per sposarsi ad una mirrorless. Gradevole anche esteticamente l’abbinamento tra l’argentato dell’ottica ed il corpo nero che conferisce una nota vintage al complesso. Gli sguardi curiosi di chi mi incrociava per strada erano molto eloquenti sotto questo aspetto. Si trova a prezzi un poco più alti di quelli più del Nikkor Q 135mm f/2,8, ma ne vale la pena. Nell’uso libero ha prodotto immagini davvero splendide, che invito a visionare ai link sotto indicati. Il Nikkor Q si difende benissimo. E’ penalizzato a mio avviso solo dall’ingombro sulla mirrorless, dato che nettamente più corpulento e vistoso del Sonnar, ma è anche più luminoso! Tra f/2,8 e f/4 la differenza di apertura massima c’è tutta e a T.A. il Nikkor si comporta davvero bene. Per cui, se si mirate a risparmiare qualche decina di euro, vi interessa disporre di un obiettivo luminoso senza  badare molto all’ingombro, il Nikkor è l’ottica che fa per voi. I risultati non vi deluderanno. Se vi piace viaggiare con meno ingombro, riuscite a sopravvivere anche in circostanze in cui un bel f/2.8 tornerebbe davvero utile ma disponete solo di un f/4, se vi piace follemente farvi ammirare con un obiettivo dall’aspetto antiquato su cui potete dissertare e dimostrare come sia in grado di giocarsela con quelli più giovani e blasonati, stupire gli amici con le foto che riesce a produrre, bene allora il Sonnar è fatto proprio per voi. ©   S. Benvenga